Dichiarazione di successione
La successione ereditaria rappresenta il passaggio del patrimonio attivo e passivo da un soggetto (deceduto) ad altri soggetti (eredi/legatari).
Tale passaggio può riguardare sia beni immobili (terreni e/o fabbricati) che beni mobili (conti corrente, titoli ecc.)
Per compilare la dichiarazione di successione non serve il notaio.
Se è deceduto un tuo familiare puoi rivolgerti a noi per l’assistenza alla compilazione e relativa presentazione della stessa agli uffici competenti.
Teorema Bologna da tempo offre questo servizio rendendolo più semplice e meno costoso.
La successione si apre al momento della morte.
Sono obbligati a presentare la dichiarazione di successione i chiamati all’eredità ed i legatari, o i loro rappresentanti legali, i curatori delle eredità giacenti e gli esecutori testamentari. Se più soggetti sono obbligati alla stessa dichiarazione questa deve essere presentata da uno di essi.
I tipi di successione
La successione può essere legittima o testamentaria:
Legittima
Si avrà nel caso in cui il defunto non abbia fatto un valido testamento o, pur avendo fatto testamento, non abbia disposto del suo intero patrimonio (le quote rimaste disponibili verranno stabilite dal Codice Civile);
Testamentaria
Si avrà quando il defunto ha lasciato testamento e pertanto i suoi beni saranno devoluti ai suoi successori conformemente alle sue volontà.
Le tipologie di testamento
Olografo
Viene redatto direttamente dal testatore, per essere valido è necessario che sia datato, sottoscritto e che l’intero suo contenuto sia scritto di pugno, cioè a mano, dal testatore. Non esistono modalità obbligatorie per la sua conservazione.
Pubblico
Viene redatto, alla presenza di due testimoni, direttamente dal notaio il quale provvede a trascrivere le volontà del testatore. Il notaio provvederà alla registrazione ed alla conservazione del testamento.
Segreto
È un testamento olografo che viene depositato (sigillato) presso un notaio che non ne conosce il contenuto e che provvede alla conservazione.
Orale
La legge non consente tale tipo di testamento.
Il testamento è un atto che può essere sempre revocato.
Se il testamento non dispone sull’intero patrimonio del defunto, ma solo su singoli determinati beni, la successione legittima si apre limitatamente alla parte del patrimonio non attribuita per testamento.
Il nostro ordinamento riserva a determinati soggetti, soggetti legittimari (coniuge, parte dell’unione civile, figli e loro discendenti, ascendenti del defunto), una quota di eredità, legittima, della quale non possono essere privati per volontà del defunto, sia stata questa espressa in un testamento o eseguita in vita mediante donazioni. Se un legittimario viene privato, in tutto o in parte, della sua quota di legittima, per effetto di una disposizione testamentaria e/o di donazioni poste in essere in vita dal defunto, esso può far valere il proprio diritto all’ottenimento dell’intera quota di legittima mediante un’apposita azione giudiziaria.
Esonero dall’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione
Si è esonerati dalla presentazione della dichiarazione di successione quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:
- l’eredità è devoluta al coniuge, all’unito civilmente e ai parenti in linea retta del defunto;
- l’attivo ereditario ha un valore inferiore a 100.000 euro;
- non vi sono beni immobili o diritti reali immobiliari.
Accettazione dell’eredità
I “chiamati all’eredità”, dalla legge o da testamento, possono accettare o rinunciare.
L’ accettazione trasforma il “chiamato” in erede, questa può essere:
Pura e semplice
Il patrimonio dell’erede si “confonde” con il patrimonio del deceduto e pertanto l’erede risponderà degli eventuali debiti gravanti sull’eredità anche con i propri beni;
Con beneficio di inventario
Vi è separazione tra il patrimonio del deceduto e quello dell’erede, il quale risponderà dei debiti solo ed esclusivamente con il patrimonio ereditato.
L’accettazione con beneficio di inventario è obbligatoria nel caso in cui i chiamati all’eredità siano minori, interdetti, inabilitati, persone soggette ad amministratore di sostegno (se così viene disposto dal Giudice Tutelare) ed in altri casi previsti dalla legge.
Nel caso in cui il chiamato all’eredità abbia già il possesso dei beni ereditari, l’inventario deve essere concluso entro tre mesi dal giorno di apertura della successione o dalla notizia della devoluta eredità. In caso contrario per il chiamato all’eredità decade dal beneficio di inventario e verrà considerato erede puro e semplice.
Rinuncia all’eredità
Si definisce “rinuncia all’eredità” la dichiarazione solenne del chiamato a non volere accettare l’eredità. Non è possibile fare una rinuncia all’eredità tacita.
I termini per rinunciare all’eredità, purché il chiamato non abbia ancora compiuto atti che comportino accettazione tacita, sono:
- tre mesi dalla data del decesso se il chiamato all’eredità è nel possesso;
- 10 anni dalla data del decesso se il chiamato all’eredità non è nel possesso.
La rinuncia all’eredità deve essere fatta con una dichiarazione resa davanti a un Notaio o a un Cancelliere della Pretura del luogo in cui si è aperta la successione e deve essere trascritta nel Registro delle Successioni; questa non può essere né condizionata, né parziale.
In presenza di chiamati all’eredità minori o incapaci, la rinuncia all’eredità, deve essere autorizzata dal Giudice Tutelare.
Chi rinuncia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato.
Fino a che il diritto di accettare non si è prescritto (10 anni dall’apertura della successione) e l’eredità non sia ancora stata accettata da altri chiamati, il rinunciante può revocare la rinuncia ed accettare l’eredità, fatti salvi i diritti dei terzi.
Donazione
La donazione è il solo strumento giuridico di trasmissione a titoli gratuito di beni da parte di un soggetto vivente e si distingue dal testamento che non produce effetti se non alla morte del suo autore.
Essendo un atto formale, pubblico, va formalizzato davanti a un notaio alla presenza di due testimoni (sono esclusi i coniugi, gli uniti civilmente, i parenti o affini e le persone in qualche modo interessate all’atto). Inoltre, tranne alcune eccezioni, non può essere revocato.
Non possono “donare” i minori, gli inabilitati, gli interdetti, le persone soggette ad amministrazione di sostegno se sono state private della capacità di disporre dei propri beni. La legge, infatti, vieta all’incapace di fare donazioni attraverso il proprio legale rappresentante.
E’ ammessa anche la donazione a favore di figli non ancora nati o concepiti, mentre non può essere donato un bene di cui si verrà in possesso solamente in futuro.
Minori e interdetti possono accettare una donazione solo tramite i loro genitori e i loro rappresentanti, che a loro volta devono essere autorizzati dal Giudice Tutelare.
Come con le disposizioni testamentarie anche con la donazione non si possono escludere alcune categorie di soggetti (coniuge, parte dell’unione civile, figli o loro discendenti, ascendenti del defunto).
Chi fa una donazione, così come chi redige un testamento, è tenuto al rispetto delle quote di legittima; se un legittimario ne venisse privato, in tutto o in parte, esso potrebbe far valere il proprio diritto mediante un’apposita azione giudiziaria.
Le donazioni fatte in vita dal defunto agli eredi/legatari vanno indicate nella dichiarazione di successione ed hanno rilevanza ai fini dell’applicazione della franchigia sulla quota devoluta all’erede e/o legatario stesso.
L’usufrutto
L’usufrutto è “il diritto riconosciuto all’usufruttuario di godere e disporre della cosa altrui, traendo da essa tutte le utilità che può dare (compresi i frutti), con l’obbligo di non mutare la destinazione economica”, senza alcun obbligo di miglioramento.
Al proprietario del bene resta solo la nuda proprietà. Cioè la proprietà spogliata del potere di trarre utilità dalla cosa.
Una caratteristica essenziale dell’usufrutto è la durata, infatti il diritto di usufrutto è sempre temporaneo. L’usufrutto deve essere costituito per un tempo determinato, nel caso non venga pattuito nulla a riguardo, la durata non può eccedere la vita dell’usufruttuario.
Il decesso dell’usufruttuario pone fine all’usufrutto, anche se non è stata raggiunta l’eventuale data di scadenza prevista.
L’usufrutto può essere costituito anche a favore di una pluralità di viventi e, se disposto esplicitamente nell’atto che trattasi di usufrutto congiunto, opera fra questi il diritto di accrescimento, estinguendosi in questo caso l’usufrutto alla morte dell’ultimo superstite, diversamente, alla morte di ogni usufruttuario, la relativa quota si consoliderà con la nuda proprietà.
Il diritto di usufrutto può sorgere:
- per legge, i genitori, quali esercenti la patria potestà, hanno l’usufrutto legale sui beni del figlio minore;
- per atto tra vivi, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata nelle firme da un Notaio
- per testamento, il deceduto può disporre dell’usufrutto riservandolo a uno o più soggetti. Esiste, quindi, l’usufrutto con diritto di accrescimento a favore di più persone, in tal caso l’usufrutto durerà sino alla morte dell’ ultimo usufruttuario;
- per successione – ante 19/09/1975 (data dell’entrata in vigore del Nuovo Diritto di Famiglia ), usufrutto uxorio a favore del coniuge superstite.
- Per la “riunione di usufrutto” va fatta la Domanda di Voltura Catastale da presentare all’Agenzia del Territorio competente.
Diritto di abitazione
Il diritto di abitazione può essere costituito per testamento, per contratto (atto di donazione o atto di vendita) o per successione. Tale diritto permane per tutta la vita del titolare, se per contratto/testamento non viene stabilito un termine salvo rinuncia espressa o non uso per vent’anni.
Il diritto di abitazione derivante da successione “nasce” dopo la riforma del nuovo diritto di famiglia (legge n. 151 del 19/05/1975 entrata in vigore il 20/09/1975) limitatamente al coniuge superstite sulla casa coniugale; la Legge n° 76 del 20 maggio 2016 sulle “unioni civili e convivenze di fatto” ha equiparato la parte dell’unione civile al coniuge estendendo il diritto di abitazione all’unito civilmente. Nel caso di decesso di uno dei conviventi (patto di convivenza registrato) il superstite conserva un diritto di abitazione nel tempo (da due a 5 anni) se il defunto ne era proprietario o affittuario (nessun diritto nel caso in cui il defunto era usufruttuario).
Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia.
Per la cancellazione del diritto di abitazione va fatta la Domanda di Voltura Catastale da presentare all’Agenzia del Territorio competente.
Informazioni utili
Diritti del coniuge o parte dell’unione civile superstite
La riforma del Diritto di Famiglia (legge n. 151 del 15 maggio 1975) entrata in vigore il 20 settembre 1975, ha modificato il regime patrimoniale della famiglia introducendo l’istituto della comunione dei beni tra i coniugi.
La comunione dei beni ha riflessi importanti anche in materia successoria, infatti, prima della riforma, al coniuge superstite spettava unicamente una quota di usufrutto se concorreva nella successione insieme ai figli legittimi, ora, invece il coniuge superstite ha sempre diritto ad una quota di piena proprietà sia che concorra con i figli, sia che concorra con altri chiamati.
Al coniuge superstite, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. La Legge n° 76 del 20 maggio 2016 equipara, a tutti gli effetti, la parte dell’unione civile al coniuge.
Diritti del coniuge separato
Al coniuge separato spettano gli stessi diritti successori spettanti al coniuge non separato a meno che la separazione sia stata giudiziale con addebito di colpa.
In caso di separazione senza addebito di colpa, come ad esempio nel caso di separazione consensuale, i diritti successori dei coniugi rimangono inalterati anche per quanto riguarda il diritto alla legittima. I diritti successori cessano solo con il divorzio.
Diritti del coniuge divorziato e cessato dall’unione civile
Dopo il divorzio o dopo la cessazione dell’unione civile i diritti successori vengono meno.
Il coniuge divorziato o la parte dell’unione civile cessata potrà richiedere al Tribunale un assegno periodico a carico dell’eredità nel caso in cui si trovi in stato di bisogno e sempreché gli fosse già riconosciuto il diritto all’assegno in occasione del divorzio o della cessazione dell’unione civile.
Su accordo delle parti, coniuge divorziato o parte dell’unione civile cessata ed eredi, l’assegno può essere liquidato in un’unica soluzione.
Il coniuge divorziato o il cessato dall’unione civile perde il diritto all’assegno se si risposa o se si riunisce civilmente o se cessa lo stato di bisogno.
Automobili
Gli autoveicoli intestati al defunto non devono essere inseriti nella dichiarazione di successione, ma bisogna fare la variazione di intestazione al Pubblico Registro Automobilistico (P.R.A.) a nome degli eredi.
Navi, imbarcazioni, aeromobili
Le navi, le imbarcazioni e gli aeromobili vanno dichiarati in successione, e necessiterà la seguente documentazione:
- libretto di navigazione per le imbarcazioni;
- certificato dei pubblici registri recante l’indicazione degli elementi di individuazione di navi e aeromobili;
- prezzo mediamente praticato sul mercato per beni della stessa vetustà e conservazione.
Amministratore di Sostegno
La figura dell’Amministratore di Sostegno (AdS) viene istituita con la legge n. 6 del 9 gennaio 2004 con “la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.”
Possono essere assistite da un Amministratore di Sostegno le persone (amministrate) che per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, temporanea o permanente, anche parziale, di provvedere ai propri interessi. Ad esempio: disabili fisici o psichici, soggetti in dipendenza da alcool o sostanze stupefacenti, soggetti dediti al gioco d’azzardo, anziani, invalidi (parzialmente o totalmente che non siano in grado di badare a sé stessi e ai loro interessi, persone colpite da ictus o in stato di coma, malati gravi o terminali.
Per richiedere l’Amministratore di Sostegno si deve presentare un ricorso al Giudice Tutelare del luogo in cui l’amministrato ha la residenza o il domicilio, il quale emette un decreto di nomina.
Chi lo può richiedere
Il ricorso per l’istituzione dell’Amministratore di Sostegno può essere proposto:
- dall’amministrato stesso;
- dal coniuge o dall’unito civilmente o dalla persona stabilmente convivente;
- dai parenti entro il quarto grado;
- dagli affini entro il secondo grado;
- dal tutore;
- dal curatore;
- dal Pubblico Ministero.
Possono presentare il ricorso anche i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, se sono a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno.
Scelta dell’Amministratore di Sostegno
L’amministratore di sostegno “può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata.
In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il Giudice Tutelare può designare con decreto motivato un Amministratore di Sostegno diverso.”
Nella scelta della persona da nominare il Giudice Tutelare privilegia, ove possibile:
- il coniuge che non sia separato legalmente;
- l’unito civilmente;
- la persona stabilmente convivente;
- il padre, la madre;
- il figlio;
- il fratello o la sorella;
- il parente entro il quarto grado;
- il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Non possono ricoprire le funzioni di Amministratore di Sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico l’amministrato.
Decreto di Nomina dell’Amministratore di Sostegno
Una volta presentato il ricorso il Giudice Tutelare ha 60 giorni di tempo per nominare l’Amministratore di Sostegno, che diventa immediatamente esecutivo, ma l’attività e i compiti dell’amministratore inizieranno ufficialmente solo dopo aver accettato formalmente la nomina.
Il decreto di nomina deve contenere:
- le generalità dell’amministrato e dell’Amministratore di Sostegno;
- la durata dell’incarico che può essere a tempo determinato o indeterminato;
- gli atti che l’Amministratore di Sostegno può compiere in nome e per conto del beneficiario;
- gli atti che l’amministrato può compiere solo con l’assistenza dell’Amministrazione di Sostegno;
- eventuali limiti, anche periodici, delle spese che l’Amministratore di Sostegno può sostenere;
la periodicità con cui l’Amministratore di Sostegno deve relazionare al giudice sull’attività svolta e le condizioni in cui versa l’amministrato.
Cosa deve fare l’Amministratore di Sostegno
Una volta ricevuta la nomina, l’Amministratore di Sostegno dovrà effettuare un giuramento dinanzi al Giudice Tutelare dove si impegnerà a svolgere i suoi compiti con diligenza e fedeltà.
Fra i primi compiti dell’Amministratore di Sostegno vi è quello di tutelare sempre gli interessi dell’amministrato e quindi di tener conto delle sue aspirazioni e aspettative, di tenerlo informato delle decisioni che intende prendere e, in caso di dissenso, informare il Giudice Tutelare.
Appena nominato l’Amministratore di Sostegno dovrà redigere un INVENTARIO con un elenco dei beni di maggior valore dell’amministrato (quadri, oggetti preziosi, mobili, immobili, conti correnti), che presenterà al primo rendiconto.
Ogni anno, decorrente dal giorno del giuramento, l’Amministratore di Sostegno deve depositare presso gli Uffici di cancelleria per la Volontaria Giurisdizione il rendiconto della gestione economica (RENDICONTO ANNUALE).
Tutti i compiti dell’Amministratore di Sostegno sono contenuti nel Decreto di Nomina, qualora si presentasse la necessità di affrontare spese di natura straordinaria nell’interesse dell’amministrato, l’amministratore dovrà chiedere tempestivamente apposita autorizzazione al Giudice Tutelare.
Il compenso per l’ l’Amministratore di Sostegno
L’incarico di Amministratore di Sostegno deve considerarsi gratuito ma, in alcuni casi, in presenza di patrimoni consistenti o con difficoltà di amministrazione, il Giudice Tutelare può riconoscere all’amministratore un equo indennizzo in relazione all’attività svolta.